La ragazza del secolo scorso by Rossana Rossanda

La ragazza del secolo scorso by Rossana Rossanda

autore:Rossana Rossanda [Rossanda, Rossana]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Ideologies, General
ISBN: 9788858401958
Google: SaIrUB5E5lUC
editore: Giulio Einaudi Editore
pubblicato: 2007-05-28T22:00:00+00:00


Capitolo undicesimo

Seguí il decennio piú interessante. Anzitutto andare sui quaranta è piacevole – finite le inquietudini della giovinezza, quelle della maturità tenute a equa distanza, la vecchiaia ancora lontana. E poi fra la fine degli anni cinquanta e nei primi sessanta ci fu un veloce cambiare delle idee e perfino delle cose attorno a noi. Era il boom, la coesistenza, la nuova frontiera, la fine dei colonialismi – il tutto accompagnato da un crescere della sinistra e della buona coscienza.

Le cose. Sia detto una volta per tutte, ragionare sui disastri del progresso tecnico è un conto, altro è stato per una donna l’avvento degli elettrodomestici, sui quali ci siamo gettate con spietatezza, detersivi inquinanti e spreco di energia, e non credo che ne arretreremo per verdi che siamo. Diverso fare il bucato o ficcarlo nella lavapanni, grattare il resto ostinato delle uova dalla padella o usare l’antiaderente e consegnarla alla lavastoviglie – arrivata peraltro per ultima. Prima di tutto arrivò il televisore, perché ti portava il mondo in casa e rapiva con sé i vecchi e i bambini, lasciandoti respirare. Ai pavimenti non si dette piú la cera, i capelli tornarono corti e via i bigodini, i collant ci liberarono dalle giarrettiere, i Tampax dagli assorbenti. Eccetera, non sta nei libri di storia ma ci ha cambiato la vita, non soltanto per virtú degli antibiotici alle donne si allungò l’esistenza. E ci vestimmo con il prêt-à-porter a prezzi modici invece che sbagliare stoffa e sartina. Fu il solo periodo nel quale i settimanali intelligenti ebbero qualche colonna non pubblicitaria per i consumi e costumi femminili, da Madame Express imparammo a vivere di gonna, golf, camicette ma uno shampoo alla settimana, mentre l’occhio di Camilla Cederna ci tratteneva sull’orlo del ridicolo.

Fu la breve stagione nella quale non ci funestò alcun senso di colpa nel buttarci verso il meglio, cercando di godere con determinazione del paesaggio, della cultura e delle belle arti, appena mezzi e tempo ce ne aprivano lo spiraglio. Nei pochi sabati liberi ci arrampicavamo (in seconda) sul treno per Genova e poi assieme ai compagni della Fiom sulla Mg della compagna Enrica Basevi verso l’appartamento dei suoi abbienti genitori a Paraggi – stavamo in mare col gozzo dal mattino al tramonto, e la sera, ripuliti dalla salsedine, con i pantaloni bianchi e l’argentina blu dei marinai, gironzolavamo per Portofino permettendoci al piú una pizza o un gelato, le gambe penzolanti sull’acqua nel porticciolo. Eravamo convinti di batterci perché tutti avessero quello che pochissimi detenevano: Mario Melloni, che era il Fortebraccio dell’«Unità», mi obiettò una volta con spirito: «Voi mirate al benessere del proletariato, a me basta il malessere di lorsignori». Noi ci miravamo davvero e ci fu rimproverato come piccolo borghese dal movimento del 1968, che riuscí a essere assieme ludico e ascetico. Forse aveva ragione, sta di fatto che noi non ci vestivamo da piú poveri di quel che fossimo e il proletariato andava con la cravatta e il vestito buono al Piccolo e alla Scala, che ne programmavano con zelo la presenza.



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